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“Musica natalizia a Gallipoli e dintorni” il nuovo volume di Luigi Solidoro dedicato alla tradizione musicale natalizia

“La tradizione musicale natalizia
costituisce un tesoro spirituale e culturale immenso
che ci è stato tramandato, impreziosisce la devozione genuina
di tanta gente diversa in tutte le latitudini del pianeta
e arricchisce in modo singolare la nostra terra e la nostra città.

È giusto esserne fieri ma è doveroso altresì esserne custodi gelosi,
cultori seri e attenti, interpreti fedeli e appassionati.
Occorre perciò preservare il patrimonio musicale trasmessoci dai nostri avi

da manomissioni indebite, da commistioni spurie o ibridismi discutibili …

Ed è proprio questo il senso e il valore del prezioso lavoro di Luigi Solidoro.


Questa pubblicazione infatti è un notevole contributo a “rieducarci”
all’ascolto della pastorale e delle altre composizioni natalizie.

Egli, col rigore dello studioso, con la competenza del professionista

e con la passione indomita del “cercatore di perle preziose”
– ne trova anche di originali –
ci offre così una strenna natalizia davvero pregevole
e per la quale noi tutti dovremo essergli immensamente grati”.

(dalla Prefazione di don Salvatore Leopizzi)

quarta di copertina del libro di Luigi Solidoro "Musica natalizia a Gallipoli e dintorni"

Pubblicata la nuova edizione della biografia di Francesco Luigi Bianco, musicista del XIX secolo, con prefazione della giornalista Gloria Chiarini

SINOSSI DEL LIBRO:
Il volume costituisce una nuova edizione, notevolmente aggiornata e ampliata, della biografia del pianista e compositore Francesco Luigi Bianco, pubblicata per la prima volta nel 2019.
Fino a quel momento conosciuto solo ed esclusivamente per le sue composizioni sacre, eseguite per accompagnare riti e tradizioni paraliturgiche del popolo gallipolino, egli fu in realtà autorevole esponente del romanticismo musicale, conosciuto in tutta Italia in quanto apprezzato autore di romanze da salotto, canzoni napoletane, brani pianistici di notevole difficoltà tecnica e opere liriche, tra cui il melodramma in tre atti dal titolo Sara la Trovatella.
Una figura, quella del musicista gallipolino, strettamente correlata ai nomi di ricchi e influenti mecenati dell’epoca, primi fra tutti i Ravenna, ma soprattutto fatalmente intrecciata al misterioso e affascinante ufficiale francese Jacques Marie Perrin, in congedo dall’esercito napoleonico, deus ex machina del destino di tutta la famiglia Bianco.
Gli autori della biografia, oltre ad inserire nel volume un’ampia appendice di spartiti musicali riportati alla luce dopo un secolo di oblio, delineano in modo preciso il profilo umano dell’artista e ricostruiscono minuziosamente la sua vita professionale, attingendo da documenti d’archivio pubblici e privati e arricchendo la narrazione con notizie e curiosità relative alla società dell’epoca, con i suoi avvenimenti politici, militari e sociali, i suoi personaggi, problemi e passioni.
Rintracciano inoltre i discendenti diretti del compositore, fino a giungere alla giornalista fiorentina Gloria Chiarini, autrice della interessante e a tratti commovente prefazione, preziosa cornice a un lavoro di ricerca storico-musicale che, in questo campo, risulta essere stato il primo in assoluto a Gallipoli.

Per acquistare il volume:
https://www.youcanprint.it/francesco-luigi-bianco-biografia-di-un-musicista-gallipolino

Il culto della Madonna del Rosario e gli ultimi frati domenicani del convento di Gallipoli

Pubblicato il 1° ottobre 2022 su Il pensiero mediterraneo


Era l’alba del 7 ottobre 1571, quando le acque di Lepanto, nome medievale dell’odierna città greca di Naupatto posta sulla costa settentrionale dello stretto che separa il Golfo di Corinto da quello di Patrasso, furono teatro di una delle più celebri battaglie della storia della cristianità.

A fronteggiare la terribile flotta dell’Impero Ottomano capeggiata dal crudele Alì Pascià, protagonista di un forte movimento espansionistico che stava tentando di sottomettere l’Europa alla religione musulmana, fu la grande Lega Santa formata dalla Repubblica di Venezia, dall’Impero Spagnolo con il Regno di Napoli e di Sicilia, dalla Repubblica di Genova, dai Cavalieri di Malta, dal Ducato di Savoia, dal Granducato di Toscana, dal Ducato di Urbino e dallo Stato Pontificio.

Prima di partire dal porto di Messina, Papa Pio V, che aveva sapientemente costruito tale alleanza, benedisse la flotta guidata dal principe don Giovanni d’Austria affidandola alla protezione della Vergine Maria.

Sembra che quella mattina, una domenica, mentre si combatteva e si moriva per Cristo e per la Patria, i prigionieri incatenati ai remi delle maestose galee remassero recitando il Rosario e ritmando il tempo a suon di Misteri.

La battaglia dai contorni epici, destinata a cambiare le sorti della storia dell’intero Occidente, si concluse con una sorprendente vittoria della flotta Santa ed il trionfo fu attribuito proprio al potere di questa pratica devozionale e all’intercessione della Madonna, tanto che l’anno successivo, a perenne memoria del fausto evento, il domenicano Pio V istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, trasformata nel 1573 dal successivo pontefice Gregorio XIII in Festa della Madonna del Rosario, da tenersi la prima domenica di ottobre per l’Ordine dei Domenicani e per le Confraternite del Santo Rosario.
Infine, nel 1888, venne estesa all’intera Chiesa, mentre nel 1913 Papa Pio X la riportò al 7 ottobre, lasciando comunque alla prima domenica dello stesso mese la solenne celebrazione liturgica.

Sebbene la preghiera del Rosario, attribuita all’apparizione della Vergine Maria a San Domenico nel convento francese di Prouille da lui fondato, risalisse al XIII secolo e fosse già in uso, la festa venne istituita più di tre secoli dopo divenendo nel tempo uno degli appuntamenti più importanti dell’intero anno liturgico.

Anche nel Salento tale devozione si diffuse rapidamente tra la gente, soprattutto grazie all’opera evangelizzatrice dei Domenicani. Nel 1517, arrivando a Gallipoli, i padri predicatori costruirono il loro convento sulle macerie di un vecchio monastero basiliano da anni ormai in disuso, impossessandosi anche dell’antica chiesa attigua dedicata a S. Maria delle Servine, anch’essa appartenuta ai religiosi del rito greco – bizantino ma bisognosa di restauro o addirittura di ricostruzione.

L’opera dei nuovi religiosi procedette in maniera spedita portando in breve tempo anche alla nascita della Confraternita del Rosario con sede oratoriale proprio nel monastero appena ricostruito.

Ma la loro fiorente ed apprezzata attività religiosa, oltre che culturale, dopo quasi tre secoli ebbe una battuta d’arresto con la sciagurata età napoleonica che portò alla soppressione degli Ordini monastici. Il convento gallipolino, infatti, venne soppresso nel 1809 insieme ad altri 33 monasteri della Provincia di Terra d’Otranto, per un totale di ben 250 conventi chiusi in tutto il Regno di Napoli.

Fortunatamente, con la Restaurazione ed il ritorno dei Borboni, alcuni conventi pugliesi furono ripristinati; quello di Gallipoli fu riaperto nel 1820, come testimoniato da una lapide commemorativa in marmo presente proprio all’entrata dello stesso.

Osservando le alte mura dell’attuale chiesa ricostruita tra il 1696 e il 1700, la sua splendida facciata in carparo, gli altari baroccheggianti e finemente intarsiati, le preziose tele, le numerose statue e raffigurazioni di San Domenico insieme a quelle di altri santi, l’antico organo Chircher del 1720 e ormai muto da almeno un secolo, le austere lapidi sepolcrali presenti sul pavimento, quel che resta del famoso affresco raffigurante la Battaglia di Lepanto situato nella porzione di chiostro rimasta di proprietà della confraternita, mi sono sempre chiesto quali fossero i nomi, i volti, le età dei frati che popolavano quelle mura e che vivevano a stretto contatto con tanta bellezza artistica, riunendosi giornalmente all’alba e al tramonto in quel coro ligneo posizionato sul retro dell’altare maggiore.

Qualche mese addietro, conducendo una ricerca storico-musicale e quindi di tutt’altra natura e con altri obiettivi, ho trovato parziale risposta alle mie curiosità: mi sono imbattuto, infatti, con mia grande gioia, nel cosiddetto foglio di famiglia del Convento dei Domenicani risalente al 1851, dal quale risulta che in quell’anno, e sicuramente fino alla sua chiusura definitiva del decennio successivo, il monastero gallipolino era abitato da:

Fra Gregorio Vergari, nato a Nardò, di anni 49, Priore,

Fra Vincenzo del Zio, nato a Ruvo di Puglia, di anni 39, Padre maestro,

Fra Gabriele Vergari, nato a Nardò, di anni 68, Sotto Priore,

Fra Vincenzo d’Alevi, nato a Miglionico, di anni 32, Monaco,

Fra Luigi Salvemini, nato a Molfetta, di anni 33, Monaco,

Fra Nicola Manduca, nato a Modugno, di anni 78, Converso,

Fra Giuseppe Avigliani, nato a Nardò, di anni 42, Converso,

Angelo Gigante, nato a Gallipoli, di anni 33, cuoco,

Vincenzo Alemanno, nato a Gallipoli, di anni 16, domestico.  

Purtroppo, dopo la tanto attesa riapertura, con l’Unità d’Italia ed in ottemperanza alle Leggi Siccardi del 1850, questo convento venne soppresso definitivamente con Regio Decreto del 17 febbraio 1861 insieme a quello dei Francescani e dei Paolotti presenti in città. Tutti i frati lasciarono Gallipoli, rimase solo Fra Vincenzo del Zio, rettore della Confraternita del Rosario dal 1854 all’anno della sua morte avvenuta l’8 novembre 1890.

Ancora oggi, dopo più di un secolo e mezzo, in ogni angolo della chiesa, attuale sede dell’antica confraternita, e soprattutto nei giorni della festa della Beata Vergine del Rosario, sembra quasi di ascoltare i passi, i canti e il salmodiare di quei frati dal lungo abito bianco e dalla mantella nera, che fanno echeggiare ancora una volta quello spirito di profonda fede e di grande devozione religiosa che, per molti secoli, hanno trasmesso a tante generazioni.

Luigi Solidoro

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